Roberto Rossi
Qualcosa su di me
Non sono mai stato precoce in nulla, neanche nella scrittura.
Il mio percorso di avvicinamento è stato casuale e tardivo. Per esempio, ho scelto di diventare un giornalista, mentre ero dal barbiere, sfogliando una rivista, adocchiando l'annuncio pubblicitario di una scuola di giornalismo. Fino a quel momento, avevo studiato per intraprendere altro: Scienze Politiche e, in particolare, le Relazioni Internazionali, con l’obiettivo di fare carriera diplomatica. La mia passione per la storia, e più in generale per l'essere umano, mi aveva spinto in quella direzione. Mi affascinano la capacità dell'uomo di reagire e adattarsi, il suo grado di conoscenza, le continue scoperte, le relazioni che costruisce e il lato oscuro della sua inclinazione alla potenza, intesa come volontà di prevalere.
Il giornalismo mi ha offerto l'opportunità di dare struttura e concretezza a questa curiosità. Mi ha permesso di osservare e raccontare le costanti della vita, quelle situazioni che si ripetono, ma che, se viste da vicino, rivelano sempre una complessità unica. Ogni storia porta con sé sfumature diverse, ogni evento è un caleidoscopio di interpretazioni. In questo mestiere ho imparato a non fermarmi mai alla superficie, ma a scavare più a fondo, a cercare il senso nascosto nelle pieghe della realtà.
I miei studi in Storia delle Relazioni Internazionali hanno affinato questa volontà di comprendere il mondo. Mi hanno insegnato che dietro ogni fatto esistono dinamiche complesse tra individui, gruppi e nazioni, e che interpretare queste interazioni è essenziale per comprendere il presente.
Un altro aspetto fondamentale della mia identità è il legame con la mia terra d’origine, l’Umbria. Questa regione, ricca di spiritualità e misticismo, si contrappone al mio approccio razionale alla scrittura, creando una tensione costante tra fede e logica, tra intuizione e rigore. Questo dialogo interiore si riflette nelle mie storie, nella mia continua ricerca di significato.
Sono sempre stato spinto dal bisogno di esplorare l’animo umano, di comprendere le sue connessioni e contraddizioni. Memoria e identità sono temi centrali nella mia narrazione: chi siamo, da dove veniamo, come il passato influenza il presente.
Ma c’è di più: sento l’esigenza di delineare un perimetro etico nel mio racconto, di distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, anche se spesso mi trovo a navigare nella vasta e complessa zona grigia che separa il bene dal male.
Ho intrapreso la carriera giornalistica proprio per questo motivo: per cercare di comprendere il mondo attraverso le storie che racconto, per non accontentarmi mai della superficie e per dare voce a quelle sfumature che spesso sfuggono agli occhi più distratti.
Il passaggio dalla scrittura giornalistica alla narrativa fiction non è poi così lontano come potrebbe sembrare.
Se nel giornalismo l’obiettivo è riportare fatti reali in modo chiaro e comprensibile, nella fiction, anche se le storie sono inventate, c'è sempre una verità da raccontare: quella delle emozioni umane, delle dinamiche sociali, dei conflitti interiori. La narrativa offre la possibilità di esplorare le dimensioni più profonde della condizione umana, andando oltre i fatti e concentrandosi su come le persone vivono e interpretano ciò che accade loro.
In entrambe le discipline, la narrazione è centrale. Il giornalismo mi ha insegnato a essere chiaro, diretto e a catturare l'attenzione del lettore in pochi istanti, competenze essenziali anche nella fiction. La differenza sta nel fatto che nel giornalismo devi attenerti ai fatti, mentre nella narrativa puoi giocare con l'immaginazione, esplorare possibilità alternative e creare mondi che riflettono temi reali da prospettive nuove.
Un buon giornalista deve essere empatico, in grado di comprendere e raccontare le esperienze altrui in modo autentico e convincente. Lo stesso vale per uno scrittore di fiction: per creare personaggi credibili e situazioni emozionanti, devi riuscire a metterti nei panni degli altri. La fiction permette di ampliare questa connessione con i lettori, poiché si può entrare nella mente e nel cuore dei personaggi in modi che nel giornalismo non sono sempre possibili.
Il giornalismo mi ha anche insegnato a osservare il mondo con occhio critico, a cogliere i dettagli nascosti e a fare domande che vanno oltre l'apparenza. Questa capacità di osservazione è fondamentale anche nella scrittura narrativa, dove i dettagli, gli ambienti e le dinamiche interpersonali devono essere accurati per risultare credibili e coinvolgenti.
Entrambe le forme di scrittura spingono a raccontare storie complesse, con sfumature e contraddizioni. La narrativa fiction mi permette di esplorare in modo ancora più profondo la zona grigia tra bene e male, di dare vita a vicende che, proprio come nel mondo reale, non hanno risposte semplici.
Infine, la libertà creativa: se nel giornalismo ci sono regole e vincoli etici da rispettare, nella narrativa posso prendere quei fatti e rielaborarli, espanderli e trasformarli per affrontare questioni sociali, morali e umane in modi nuovi. Questo mi permette di esplorare temi universali senza essere limitato dalla necessità di aderire alla cronaca, aprendo così la strada a nuove interpretazioni e riflessioni.
Roberto Rossi (Perugia, 1971) è giornalista professionista e autore. Ha scritto e lavorato per Radio 24, la Repubblica, l’Unità, occupandosi di economia, politica, cronaca. Oggi vive a Foligno, dove realizza e gestisce progetti di comunicazione per enti e imprese. Nel 2011, ha pubblicato per Rizzoli il libro d’inchiesta Bidone nucleare. La regola del tre è il suo primo romanzo.