Il Fatto Quotidiano - Un noir medievale nell'Umbria di oggi
Santo Bianconi e Domenico Montemurro detto Mimmo sin da ragazzi hanno condiviso risse, dolori e furti nell'inferno industriale di Taranto. Poi sono andati via e lustri dopo si ritrovano a Perugia. Santo è il cronista di punta della Gazzetta dell'Umbria, Mimmo è ispettore della Questura. Accade che il primo, il giornalista, finisce in coma. Un incidente stradale, in apparenza. In realtà qualcuno ha speronato la sua auto, che poi è ruzzolata per una scarpata. Bianconi stava indagando sull'omicidio splatter di un prete gay, parroco di Montone, un borgo medievale a quaranta chilometri da Perugia.
DON LUCIO BESSA, questo il suo nome, è stato attirato alla Rocca d'Aries, un maniero maledetto dell'anno mille, squartato con un grosso coltello e dato in pasto ai cinghiali. Il delitto è stato annunciato da un versetto dell'Antico Testamento. Dal libro del Deuteronomio: "E il tuo cadavere diventerà pasto di tutti gli uccelli del cielo e delle bestie selvatiche e nessuno li scaccerà". Ovviamente, con Bianconi fuori gioco in ospedale, toccherà all'amico Mimmo, con l'aiuto dell'agente Nicola Russo, venire a capo del mistero, fatto di altri omicidi cruenti (tra crocifissioni e roghi), firmati con ammonimenti biblici, e malati terminali uccisi da un'infermiera giunonica. L'origine dell'enigma sembra essere una strage del maggio 1981, rimasta senza colpevoli: una famiglia di contadini (genitori e figlia) prima trucidata e poi bruciata. Erano protestanti, non cattolici. La regola del tre è il trascinante esordio noir del giornalista Roberto Rossi, già Repubblica e Unità. Il pregio maggiore è quello di confondere il lettore sino all'epilogo con una trama complessa a più livelli e che s'intreccia con la vita privata di Montemurro, un detective solingo e dannato, che accende una sigaretta dopo l'altra e che la sera va a puttane (anche in auto). Bianconi è il suo alter ego buono (a voi scoprire il perché).
Fabrizio d'Esposito